Nel 2003 condussi in alcune scuole della Provincia di Torino i laboratori “Giocare con l’Arte di Bruno Munari”, per conto dell’Associazione Dante Selva di Paolo Nesta. Erano le mie prime esperienze di insegnamento (peraltro sospese poi fino al 2016). Tra le varie lezioni, ne ricordo bene una in una scuola media.
In quella classe avevo parecchie difficoltà a farmi ascoltare, e i ragazzi erano molto presi da un giochino elettronico, un Game Boy credo. Ad un certo punto pensai di ascoltare le loro “esigenze”. Allora mi feci dare il dispositivo e illustrare il funzionamento del gioco. Loro furono entusiasti del mio interessamento e così dopo un po’ ebbi un’idea e li condussi tutti alla fotocopiatrice. Rispolverando alcune reminiscenze di “xeroxart” della scuola superiore, pensai di fotocopiare e ingrandire lo schermo a cristalli liquidi in bianco e nero e di lavorare sul tema del gioco in questione con le fotocopie: un robot e alcuni sfondi vagamente orientali.
In poche lezioni realizzammo una robot di carta tridimensionale di circa un metro di altezza, un mosaico di fotocopie e un aquilone, e il tutto fu man mano appeso in classe. L’ultimo ad arrivare fu proprio il robot a cui venne appeso anche un cartello con la bandiera della pace, e collocato al centro dell’aula. Aveva due facce, una umana e una da macchina. Dopo un intenso momento di contemplazione, i ragazzi e le ragazze iniziarono a tiragli roba addosso, fino a distruggerlo quasi del tutto. L’aquilone invece rimase al suo posto. Fu un’esperienza toccante ed interessante.
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